In Italia se lo ricordano in pochi, eppure Gelson Fernandes ci giocò: nella stagione 2010/2011 vestì la maglia del Chievo che non esercitò il diritto di riscatto dal Saint-Etienne, lasciando un ricordo positivo con due goal realizzati in 29 partite (di cui uno al 'San Paolo' contro il Napoli).
Ora si gioca l'accesso alla finale di Europa League con l'Eintracht dove, a 32 anni, ha raggiunto l'apice di una carriera che avrebbe potuto regalargli molte più soddisfazioni, sia sul piano sportivo che personale. Quest'ultimo caratterizzato da episodi davvero spregevoli.
Il centrocampista svizzero ha rilasciato un'intervista a 'Blick' e ha discusso della possibilità di dare la sconfitta a tavolino alle squadre i cui tifosi si rendono autori di gesti razzisti, come quelli capitati a lui stesso nel corso degli anni.
"Se accade un episodio razzista la partita deve essere immediatamente interrotta come ha dichiarato anche il presidente della FIFA, Infantino. Vorrei andare oltre: dovrebbe esserci una sconfitta a tavolino per i club dei supporters in questione, in modo da pensarci due volte prima di farlo di nuovo. E molte società farebbero più attenzione".
In Germania ha sperimentato personalmente la crudeltà di alcuni individui, ancorati a convinzioni futili sul colore della pelle.
"Dopo un'espulsione contro lo Schalke 04, qualcuno mi disse questo su Instagram: 'Sei un figlio di scimmie. Spero che qualcuno faccia terminare la tua carriera. Non sei proprio uno svizzero. Sei un fottuto rifugiato. Figlio di una scimmia!'. Ma si trattava di gente dietro a un computer, in Italia accadde altro".
Gelson Fernandes fa riferimento ai tempi del Chievo, completamente bui e macchie indelebili che segnano profondamente un atleta pagato per fare semplicemente il proprio mestiere.
"Al Chievo rigarono la mia auto scrivendoci 'negro' e la distrussero. Defecarono davanti al portone di casa. Quindi portai la mia ex fidanzata al sicuro in Svizzera: queste sono cose che non vorresti mai sperimentare come calciatore e come persona".