"Mi avete rifiutato ed ora volete che torni"

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De Bruyne sul suo passato. AFP

Le stelle del calcio mondiale vivono una vita da sogno: milioni, fama, successi...tutto è positivo, ma alcuni calciatori hanno sofferto molto prima di arrivare dove sono adesso; Kevin De Bruyne è uno di questi.

Al momento è uno dei giocatori che guadagnano di più al mondo. È considerato uno dei migliori talenti della Premier ed è il pupillo di Pep Guardiola nel Manchester City, oltre ad essere protagonista con la maglietta della Nazionale Belga, ma prima di arrivare a questo, Kevin De Bruyne ha sofferto uno dei peggiori momenti della sua vita. 

Tutto è successo quando aveva 15 anni. De Bruyne, venne acquistato dalle giovanili del Genk; la sua famiglia viveva a Drongen, una città a 150 km da Genk, dunque dovette lasciare la sua città natale ed i suoi genitori per dedicarsi all'attività calcistica.

Il club riuscì a trovargli una famiglia che lo accogliesse durante l'anno di istanza a Genk: furono 12 mesi in cui Kevin si sentì molto bene e non soffrì della distanza dalla sua famiglia naturale, come rivela in un'intervista a "Players' Tribune".

"Andai molto bene a scuola e nel calcio, e mi sentivo a casa. Non c'era nessun problema"

Appena finito il campionato, al giovane De Bruyne toccava tornare a casa per le vacanze, con la sicurezza di rimanere nelle giovanili del club anche nella stagione successiva: "Feci le valigie e salutai la mia seconda famiglia". Mi dissero: "Ci vediamo dopo le vacanze, passa una buona estate". 

Tuttavia, De Bruyne non tornò più in quella casa: "Quando arrivai a casa mia per le vacanze, trovai mia madre che piangeva...pensai che fosse morto qualcuno. In quel momento mi disse le parole che cambiarono la mia vita: "Non vogliono che torni, la famiglia d'accoglienza non ti vuole più". Chiesi il motivo e mi rispose che era per come fossi: troppo timido, silenzioso, un tipo difficile, insomma". 

"È stato un gran problema per me e per la mia carriera, perché non ero una stella e questo fece pensare al club che fossi uno problematico. Mi sentivo abbandonato. Ricordo gli occhi di mia madre mentre piangeva e le parole che mi aveva detto: non mi volevano perché ero fatto così".

Ma quella mazzata gli servì per motivarsi e sfondare nel mondo del calcio: "Quel giorno mi misi a calciare un pallone contro il muro per ore. Mi dissi a voce alta che sarebbe andato tutto bene, che in pochi mesi sarei arrivato in prima squadra e che non avrei fallito". 

"Quando tornai dopo l'estate, giocai con la squadra B e mi allenai duramente: avevo il fuoco dentro. Pensavo fossi diventato pazzo. Ricordo che giocammo una partita di venerdì pomeriggio: ero in panchina ed entrai nel secondo tempo...ero fuori di me e segnai cinque gol. Quel giorno cambiò la mia storia nel club", aggiunge.

Con positività e supporto, arrivarono gli elogi ed le cose iniziarono ad andare per il verso giusto....tanto che la mia seconda famiglia fece un passo indietro: "È divertente vedere come la gente cambia quando le cose iniziano ad andarti bene. Un giorno, quelli che erano come dei genitori per me, apparvero nel club e si avvicinarono, dicendomi che c'era stata un'incomprensione...adesso sembra divertente, ma allora mi sentii molto triste. Dissi loro: "No, mi avete rifiutato. Adesso che le cose vanno bene volete che torni, no?"".

Logicamente, De Bruyne non tornò mai in quella che fu la sua seconda casa, ma si tiene il buono di quella situazione: "Credo che dovrei ringraziarli: quell'esperienza orribile è stata il combustibile della mia carriera". 

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