Non è il Barcellona di Guardiola, non è il Real Madrid di Ancelotti, non è il Milan di Sacchi, non è l'Olanda di Crujff, non è l'Argentina di Maradona, non è l'Italia di Bearzot. Questo è il Brasile di Neymar, di Richarlison, di Vinicius e di Adenor Leonardo Bacchi, in arte Tite.
Probabilmente, sepolta nei meandri di un antico tempio guaraní, c'è una tavoletta, simile nell'aspetto alla stele di Rosetta, sulla quale è incisa la storia di come i popoli indigeni dell'area attualmente denominata "Brasile" abbiano inventato il calcio.
Quello dei sudamericani non è un gioco, non è ciò che in Europa milioni e milioni di persone vedono ogni fine settimana di fronte alle proprie TV, non lo è. È lo spettacolo di un circo, è l'esibizione di una compagnia di giocolieri, è il mago che non svela il trucco al proprio pubblico, è la fantasia dell'illusionista.
La partita di stasera tra Brasile e Corea del Sud ha visto una sola squadra in campo, almeno nel primo tempo. I pentastellati hanno dominato ogni zona del prato verde per la maggior parte dei novanta minuti, assicurandosi il passaggio turno in soli trentasei giri di cronometro.
Vinicius ha aperto le marcature al 7', quando si è trovato smarcato di fronte ai pali ed ha ricevuto il cambio gioco di Neymar. Dal lato sinistro dell'area e senza difensori a fargli da muro, è stato facile per lui sbloccare il risultato con un tiro di piatto.
Solo cinque minuti dopo, è arrivato l'intervento ai danni di un attaccante gialloblu, che ha regalato un rigore al numero 10 della "Canarinha". Buona la sua trasformazione, messa a segno con una fredda rasoiata sulla parte destra dello specchio.
Ancora, sessanta secondi prima che scoccasse il trentesimo, Richarlison ha fatto la magia. Il centravanti ha palleggiato con la testa al limite dell'area, poi ha costruito un triangolo delle meraviglie con Marquinhos e Thiago Silva, che gli ha dato il tempo di spingersi alle spalle della linea di difesa.
Superata la muraglia, ha raccolto il filtrante del suo compagno e si è trovato in un faccia a faccia con Kim. Scontato l'esito della battaglia, che ha visto il giocatore del Tottenham bucare la porta con un destro in diagonale diretto nell'angolino basso a sinistra.
Non è finita, non si sono accontentati. È bastato arrivare al 36' per vedere Vinicius imbeccare Paquetá con un assist d'oro al centro del rettangolo coreano, dove il centrocampista è sopraggiunto in corsa per calciare al volo e sentenziare di nuovo l'estremo difensore asiatico.
La formazione delle "Tigri" è improvvisamente diventata quella dei "gattini", schiacciata di fronte ad una nazionale inarrestabile, che mette in stato di allerta tutte le altre squadre in lotta per la conquista del titolo. Sono passati vent'anni dall'ultima volta che la "Canarinha" si è portata a casa la Coppa, e il tempo delle attese è finito.
I "pentacampeones" danzano e lo fanno con gusto. Lo fanno ad ogni passaggio, ad ogni cross nel mezzo, ad ogni elastico, bicicletta, sombrero e doppio passo, ricordando a tutto il mondo che il Brasile non è morto con il ritiro di leggende dal calibro di Ronaldinho, Ronaldo Nazarío, Alemao e Falcao, si è solo rigenerato.
Una squadra esplosiva, che con questo stile affascina e delizia, fa divertire grandi e piccini, regalando al pubblico sulle grate e da casa uno spettacolo che poche formazioni sarebbero capaci di offrire, forse nessuna. Onore a questo gruppo di ragazzi, che si può solo ammirare.
Che ogni aspirante calciatore pensi a questo show quando si trova nelle strade della propria città con un pallone tra i piedi. Ciò che i brasiliani hanno messo in scena allo Stadium 974 va oltre il "joga bonito", è meglio della Play-Station, supera ogni pubblicità della Nike. Questa è pura estasi, è l'apoteosi del calcio.