Indonesiano di nascita, italiano a tutti gli effetti. E oggi alla Sampdoria, dopo essersi formato all'università della Juventus. Un primo anno da titolare in A che per Emil Audero sta proseguendo nel migliore dei modi, come conferma il portiere doriano in un'intervista esclusiva a DAZN.
"Alla Sampdoria mi trovo molto bene. C'è tutto per far bene. Ho degli ottimi compagni, con cui mi sono subito trovato in sintonia. E poi a Genova c'è il mare: ti svegli la mattina, ti aiuta e porta serenità".
A Torino il mare non c'era, invece. Ma c'era un certo Gigi Buffon da cui imparare i segreti del mestiere. E Audero lo faceva, eccome.
"Quando cresci con Buffon hai la possibilità di cogliere delle cose che, dalla tv oppure da avversario, non puoi cogliere. La quotidianità di un campione, come si approccia alle partite, come si atteggia. Io cercavo di guardarlo, di osservarlo in modo scientifico".
Quanto è difficile, per un portiere, rimanere sempre concentrati e sul pezzo? Secondo Audero lo è, paradossalmente ma neppure troppo, nelle situazioni meno delicate dei 90 minuti.
"Quando siamo noi che facciamo la partita, quando non sono molto impegnato e non devo compiere parate, sono un po' isolato. Non è semplice. E così parlo da solo, anche a costo di sembrare stupido. Perché così posso rimanere in partita".
In partita ci si resta anche in un altro modo, anche se si gioca in porta: partecipando all'organizzazione collettiva della squadra. Un dogma imprescindibile nella Sampdoria di Marco Giampaolo.
"Con lui bisogna stare in una posizione tale da poter aiutare la difesa. Se la retroguardia è alta, io non posso essere troppo basso. Non posso rimanere distaccato, nel mio mondo, sempre in porta. Il ruolo del portiere è cambiato".