Il mondo del calcio è stato travolto dalla paura del Coronavirus: salgono i contagi tra i giocatori giorno dopo giorno e Robin Gosens svela le proprie impressioni da Bergamo, una delle città più colpite.
Il giocatore dell'Atalanta ha parlato ai microfoni de 'La Gazzetta dello Sport', raccontando i dettagli di un momento drammatico:
"Quando ho saputo di Rugani? Quel giorno abbiamo pensato tutti: e adesso chissà quando torneremo a giocare. Pensai alla quarantena: per lui, i compagni, gli avversari. Pensai che siamo davvero tutti sulla stessa barca. E infatti da oggi sono in autoisolamento anche io, ma non è cambiato nulla: in pratica lo ero già da mercoledì. Sono preoccupato quanto lo sono da giorni, né più né meno".
All'improvviso il calcio è passato in secondo piano, la vita di tutti è stata travolta:
"Era cambiata la testa: non si parlava più di calcio, ma di Coronavirus. E di come sarebbe cambiata la nostra esistenza, a cosa avremmo dovuto fare attenzione: non si è parlato più di vita, ma di come vivere".
L'Atalanta è stata l'ultima a scendere in campo tra le italiane in quella surreale sfida di Champions contro il Valencia:
"Sapevamo che al 99% avremmo giocato almeno in Champions, dunque abbiamo provato a fare allenamenti molto buoni, a lavorare forte. Ma concentrarsi non era facile. Continuavamo a ripeterci che se avessimo messo tutto in campo e scritto la storia, avremmo dato almeno un sorriso alla nostra gente. Avremmo fatto felice la città almeno per due ore. E’ stato il nostro chiodo fisso".
Un problema inizialmente sottovalutato, Gosens spiega le differenze di mentalità con la Germania:
"Il fatto è che i tedeschi sentono di avere una mentalità diversa da quella italiana: se il governo decide qualcosa, la fanno subito. In Italia non è stato così subito, la gente ha continuato ad uscire. E se conosco bene il governo tedesco, so che prenderà provvedimenti che saranno osservati. Ci sono state una-due settimane di sottovalutazione del problema, oppure si è pensato: “La Bundesliga deve finire per forza”. E invece è stato giusto stoppare tutto, ci sono cose più importanti del calcio: sono felice che l’abbiano capito anche nel mio Paese".
Il calcio è ormai fermo, le autorità stanno cercando la migliore soluzione per completare i campionati:
"Mi chiedo come faranno, quale potrà essere la soluzione che accontenti tutti: davvero non so come finirà. E’ brutto essere smarriti, ma lo siamo. Dopo un po’ di superficialità sono emerse le vostre cose migliori: il coraggio, la solidarietà, l’identità di popolo. E l’amore per la vita, la riconoscenza: leggere di gente che si affaccia ai balconi e applaude i medici, gli infermieri, mi ha commosso".